nella bellezza

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domenica 31 marzo 2019

Il Castello di Pirou







Il castello di Pirou è un'antica roccaforte di epoca normanna, eretta originariamente in legno  e trasformata successivamente in pietra, che di trova nel Cotentin, tra Cherbourg e Mont Saint Michel.






Ampiamente rimaneggiato nel XVII secolo, sorge su un isolotto artificiale circondato da un fossato e protetto da cinque porte fortificate.














Un'antica leggenda racconta che durante l'assedio  del castello da parte dei Normanni, i Signori di Pirou chiesero aiuto al mago del villaggio, il quale, grazie ad un antico sortilegio contenuto in un libro di magia, li trasformò in oche, in modo che potessero allontanarsi inosservati dal pericolo.
Quando però le oche tornarono al castello per riprendere le sembianze umane grazie al magico sortilegio, scoprirono che il libro di magia era bruciato insieme al castello dal fuoco appiccato dai Normanni.
Probabilmente la leggenda trae origine dalla migrazione degli aironi e delle oche selvatiche che si ripete ogni anno a primavera nel Cotentin.





Una volta oltrepassato il ponte di pietra che sostituisce l'antico ponte levatoio, si accede all'interno del castello ai locali in cui si svolgeva la vita quotidiana : il forno , il frantoio, le stalle , la sala delle guardie e la cappella di S. Lorenzo.

















Ma la cosa più preziosa e affascinante che si può ammirare all'interno del castello nei mesi di luglio e agosto è un prezioso ricamo che si ispira all'Arazzo di Bayeux di cui vi ho parlato in un recente post, che racconta la conquista del trono d'Inghilterra  da parte dei Normanni.




Questo manufatto però ci riguarda da vicino perché racconta la conquista da parte dei Normanni dell'Italia meridionale e della Sicilia.




Dopo aver studiato per diversi anni la tecnica con cui era stato realizzato l'arazzo di Bayeux,l'infermiera Thérèse Ozenne impiegò 16 anni, dal 1976 al 1992, per ricamare 58 metri di tela, lavorando circa tre ore al giorno: un lavoro il suo, di grande pazienza e perseveranza, e soprattutto di notevole valore storico e artistico.
 
E così anche il piccolo castello di Pirou, tra i meno visitati del Cotentin, ha il suo prezioso fiore all'occhiello.
 

sabato 30 marzo 2019

Turismo letterario: Kelmscot Manor





Quando non c'erano ancora reti stradali  né mezzi di locomozione appropriati, il turismo, così come  lo conosciamo oggi, ovviamente  non solo non esisteva, ma nessuno avrebbe nemmeno potuto  immaginarlo.
C'erano stati nel medioevo pellegrini, esploratori, commercianti e, ancor prima,  interi eserciti che si erano spostati a volte su lunghe distanze, ma ai loro "viaggi" mancava lo scopo ricreativo, e a volte educativo, che caratterizza  il turismo.


Goethe e il Viaggio in Italia


Fu nel XVIII e XIX secolo che si diffuse, soprattutto tra i figli della ricca borghesia inglese, ma anche in Francia e in Germania, la consuetudine di viaggiare  verso paesi come l'Italia e la Grecia, per conoscere le radici di quelle civiltà e culture che avevano lasciato il segno nella storia.
Il Grand Tour, come veniva chiamato, era il completamento a livello pratico di quell'educazione che veniva impartita privatamente ai pochi fortunati dai precettori, figure che abbiamo spesso incontrato nei romanzi dell'epoca.

Era comunque un viaggio complicato che poteva comportare notevoli disagi non solo per lo stato delle strade e dei mezzi di trasporto disponibili e per la  completa mancanza di quelle che oggi vengono chiamate strutture ricettive, ma anche per i pericoli che bisognava mettere in conto, non ultimo la diffusa pratica del brigantaggio. 


Dopo un soggiorno durato quasi due anni, Goethe pubblicò nel 1817 il suo "Viaggio in Italia" che fu considerato dai viaggiatori per decenni una sorta di guida turistica.


Il vero turismo , inteso come viaggio organizzato di massa, nacque il 5 luglio 1841, quando il signor Thomas Cook, viste le nuove potenzialità offerte dal treno, organizzò un viaggio di 11 miglia da Leicester a Loughborough a cui parteciparono 600 persone al costo di uno scellino a testa.



 
Da allora il turismo si è continuamente evoluto, differenziandosi in soluzioni e proposte che possano essere sempre più vicine ai desideri del viaggiatore : accanto agli itinerari classici, oggi gli operatori turistici sono in grado di proporre programmi a tema, come l'enoturismo, il turismo musicale, quello botanico, lo slowtourism, il turismo creativo e il turismo letterario.

Quest'ultimo in particolare ha recentemente attratto la mia attenzione. Il turismo letterario propone la visita di dimore/territori in cui hanno vissuto, più o meno a lungo, scrittori che si sono distinti nel mondo della poesia e della prosa, oppure luoghi che hanno fatto da sfondo a vicende narrate in un romanzo di vasta popolarità : insomma un modo intelligente di combinare viaggio e cultura..

Sembra che la Gran Bretagna si sia mossa tra i primi nel promuovere questo tipo di turismo con proposte allettanti.

Tralasciando il dettaglio di dati , orari, costi, ecc., che competono agli operatori del settore vorrei brevemente presentarvi una possibile meta di questa nuova forma di turismo, giusto per rendere l'idea.


Destinazione  : Kelmscott Manor





Residenza estiva di William Morris, Kelmscott Manor è un antico complesso rurale di rilevanza storica, costruito intorno al 1600 accanto al fiume Tamigi nell'Oxfordshire.

Morris amava molto questa dimora per la sua semplicità e naturalezza in perfetta sintonia con il paesaggio circostante.

Siamo in piena epoca vittoriana, periodo storico di grandi contrapposizioni. William Morris era uno dei principali esponenti di quel movimento artistico , Arts & Crafts, che si proponeva di rivalutare la semplicità ed il valore artistico del lavoro manuale in contrapposizione alla nascente industrializzazione. Legatosi poi al movimento pittorico dei Preraffaelliti, ed in particolare all'amico Dante Gabriel Rossetti, si adoperò per sviluppare progetti che riguardassero la lavorazione di tappeti, tessuti, mobili, metalli, ponendo di fatto le basi per il design moderno.



 

Kelmscott Manor non poteva che essere una dimostrazione concreta di questa "filosofia" come si può riscontrare nella sua architettura, così come negli arredi, improntati alla semplicità e alla manualità. La stessa cosa si può dire del giardino, che mostra tutta la sua spontaneità.


































 


































Qualche foto non basta certo a cogliere per intero l'atmosfera di un luogo, ma chi avrà la fortuna di visitarlo realmente,  comprenderà il gusto di una miscela fatta di pietre, idee, progetti e sentimenti.










martedì 26 marzo 2019

Doddington Hall and Gardens




Con l'arrivo della primavera non posso far a meno di visitare, almeno virtualmente,  i giardini inglesi, che per le loro caratteristiche, in gran parte dovute al clima  di quel paese, sono quelli che apprezzo maggiormente. In particolare mi piace la varietà di piante erbacee collocate nel walled garden, quasi sempre presente accanto alle grandi dimore.
 
Doddington Hall, nel Lincolhshire, è proprio una di quelle dimore collocate al centro di  un piccolo paradiso terrestre.
 
 
 
 
 
 
 
La grande dimora di epoca Elisabettiana fu completata nel 1600 per opera di Robert Smythson , uno degli architetti più autorevoli dell'epoca. Ampiamente rimodernata negli interni intorno al 1760, non è mai stata venduta, ma è sempre appartenuta alla stessa famiglia per più di 400 anni.
I costi di manutenzione della tenuta sono molto elevati, pertanto i proprietari hanno dovuto necessariamente adottare quelle iniziative che consentono oggi di far fronte alle spese : apertura al pubblico con visite a pagamento, organizzazione di pranzi di nozze, vendita al dettaglio dei prodotti dell'orto, del giardino, ecc.


 
 
 
 
 
 
 
I tempi sono cambiati e, come succede un po' ovunque nella vecchia Europa, occorre attivare fantasia e buona volontà per preservare un patrimonio unico e irripetibile.
Così hanno fatto i proprietari di Doddington Hall, nonostante l'ingombrante presenza dell'immancabile fantasma del maniero, quello di una casta fanciulla che, inseguita da un arrapato esquire, si buttò dal tetto più alto dell'edificio e che ancora oggi in autunno ripete quel tragico gesto urlando di terrore.




Nel giardino attorno alla dimora si alternano verdi prati ben rasati con ricami di arte topiaria e con bordure fiorite che mutano colore con il progredire delle stagioni.


 




















 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ovviamente oltre che nei giardini che circondano Doddington Hall, è possibile, una volta superati i cancelli, addentrarsi nel verde circostante, ricco di percorsi interessanti a contatto con una natura più spontanea, e comunque accattivante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
All'interno della dimora poi, la presenza della stessa famiglia per oltre quattrocento anni ha prodotto una ricca collezione di mobili, arredi, ritratti, arazzi, oggetti comuni, porcellane raffinate, oltre ovviamente ad aneddoti e storie curiose, conosciute ormai dentro e fuori Doddington Hall, come quella del cane ritratto nel dipinto sopra il camino che risale al 1693.
 
 
 
 
 
Si racconta che un giorno del 1688, Henry Stone, Esquire di Skelingthorpe, era uscito a caccia con il suo cane, quando vide un magnifico fagiano appostato su un albero. Non appena puntò il fucile per sparargli, il cane afferrò improvvisamente le falde della giacca del padrone spingendolo da parte e quando Henry Stone puntò di nuovo  il fucile, il cane cercò in ogni modo di trattenerlo. Proprio in quel momento un lampo si abbatté sull'albero tranciandolo in due e se il padrone avesse sparato al fagiano e si fosse avvicinato per raccoglierlo avrebbe potuto egli stesso essere colpito dal fulmine o dall'albero in caduta.
L'aneddoto fu presto assorbito dal folklore locale, tanto da essere immortalato in un dipinto.
 
 
 
 
 
 
Numerosi ritratti di famiglia accolgono i visitatori dalle pareti dei salotti , della sala da pranzo e dalle numerose stanze che in occasione di particolari ricorrenze vengono riccamente addobbate per gioia degli ospiti, grandi e piccini.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per gli amanti della storia, del costume, delle tradizioni e del bello, credo che Doddington Hall sia un luogo da visitare, specialmente, a mio parere, quando i suoi giardini sono al massimo del loro splendore.