Fino alla metà degli anni '60 il quartiere in cui vivo da
quasi quarant'anni era una distesa di prati e campi coltivati per lo
più a granturco. I pastori vi transitavano con le greggi quando
scendevano dagli alpeggi e le attività agricole facevano riferimento ad
una di quelle grandi cascine tipiche della Lombardia, in cui le famiglie
contadine tramandavano da secoli il mestiere da una generazione
all'altra.
Poi si verificò un
notevole sviluppo urbanistico e il quartiere si riempì gradualmente di
villette e di giardini, fortunatamente in maniera ordinata e armonica,
nel rispetto del verde e degli spazi comuni, dove le nuove generazioni
sono cresciute con serenità, condividendo con i coetanei la scuola, le
attività sportive e il tempo libero.
La
grande cascina che da secoli dava il nome al quartiere , "La
Marigolda", continuò ad essere il suo punto di riferimento ma subì
un'importante metamorfosi e diventò, o meglio, tornò ad essere il
castello della Marigolda.
Occorre dire che un po' ovunque e in tempi relativamente
recenti è nato un nuovo interesse per il territorio, per la sua storia, i
suoi "tesori", le sue tradizioni, e questo sguardo al passato ci ha
permesso di rivalutare e apprezzare luoghi, edifici, a volte anche vere e
proprie opere d'arte, destinate diversamente a sparire
nell'indifferenza dei più.
Il confine occidentale del quartiere dove sorge il
Castello , a seguito dell'erosione del terreno da parte del fiume Brembo
e del torrente Quisa, presenta un serie di terrazzi a gradinata
degradanti verso il fondovalle e questa posizione sopraelevata ha
conferito fin dalla sua origine all'edificio una funzione di controllo.
Nonostante l'origine del suo nome sia incerta
(qualcuno lo fa risalire alla famiglia Marigoldo vissuta in base alle
cronache nel XIII secolo, altri addirittura a un nome femminile
Longobardo, Marigolda o Mariguilda, in uso nell'VIII secolo) non ci sono
dubbi sulla sua funzione difensiva strategica, all'epoca delle rivalità
tra Guelfi e Ghibellini, soprattutto se si considera che proprio in
prossimità del castello il fiume Brembo era facilmente guadabile.
Più tardi il nucleo fortilizio, costruito con fini di
difesa e controllo fu ampliato con alcuni insediamenti residenziali ed
agricoli ed entrò a far parte dei vasti possedimenti della famiglia
Mozzi.
Ma il massimo splendore del castello
si colloca nella prima metà del Cinquecento, quando fu acquistato
dall'illustre letterato e diplomatico Pietro Spino, che lo trasformò in
una villa patrizia di campagna dove si incontravano personaggi come
Pietro Bembo, Torquato Tasso e Giambattista Moroni.
La conformazione terrazzata del terreno favoriva la
coltivazione dell vite che fu praticata anche nei secoli successivi
quando, dal XVII al XX secolo, il castello divenne proprietà dei Conti
Mapelli che lo utilizzarono prima per l'allevamento dei bachi da seta e
successivamente per attività esclusivamente di natura agricola.
Dal 1959 il castello è di proprietà della famiglia Porta-Giussani che si è adoperata per ridare lustro al castello, trasformandolo in una location per mostre, eventi e pranzi di nozze.
Se non fosse per uno scomodo condominio che ci divide, potrei vedere ogni giorno il castello dalle finestre delle mia casa , ma bastano comunque quattro passi per ammirarlo nella sua austera e familiare bellezza.
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