Sabato scorso sono stata invitata da vecchi e cari amici a partecipare con loro a una cena conviviale nel vicentino; mi avevano detto, forse per forzare la mia abituale reticenza ad accettare l'invito, che il posto mi sarebbe certamente piaciuto e che non avrei avuto motivo di pentirmi. La giornata era iniziata con la pioggia ma già nel primo pomeriggio un pallido sole tentava di farsi largo tra le nubi e anche la temperatura andava progressivamente aumentando.
Forse non fidandomi delle premesse degli amici, non ho portato con me la macchina fotografica e così mi sono ritrovata in un posto bellissimo con un solo modesto cellulare, che so usare poco e male, a catturare immagini da conservare nell'album virtuale dei ricordi.
Fortunatamente, per integrarle, ho trovato su internet del materiale che rende giustizia al posto di cui vi sto parlando e all'atmosfera che vi si respira.
Villa Trissino da Porto Marzotto è un complesso monumentale situato a Trissino in provincia di Vicenza e composto da una villa superiore, una villa inferiore, monumentali ingressi tardo-barocchi, limonaia, fontana ottagonale, cavallerizza e oltre cento statue che abbelliscono il grande parco, dal quale si gode il panorama della valle dell'Agno e della campagna circostante.
Il complesso è strettamente legato alle vicende della famiglia Trissino, antichi feudatari della zona. L'originale roccaforte, divenuta poi castello, teatro nel XIII secolo delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, venne trasformata nel XV secolo, secondo la moda rinascimentale, in villa di campagna, nel cuore dei dominii dell'antica famiglia Trissino che si estendevano per tutta la Valle dell'Agno fino alla pianura.
Alla fine del Settecento, e poi ancora nel 1841, la villa inferiore bruciò a causa di un fulmine. Al primo evento la villa venne ristrutturata, mentre successivamente al secondo incendio Alessandro Trissino Baston la fece restaurare a mo' di rudere scenegrafico, secondo la moda romantica del tempo.
Il conte Alessandro e i suoi fratelli non ebbero eredi diretti, così l'intero complesso passò alla sorella minore Francesca, sposa del conte Ignazio Da Porto. Il loro discendenti, dopo un periodo di abbandono, cedettero la proprietà nel 1951 a Giannino Marzotto, di cui vi parlerò più avanti.
Queste sono le foto che ho scattato con il mio cellulare:
L'indice davanti all'obiettivo non era previsto. |
Villa Trissino Marzotto fa parte del percorso delle ville venete ed è ritenuta tra le più belle dimore del Settecento vicentino anche per la felice integrazione tra il costruito e i giardini. Infatti, la sistemazione settecentesca, dovuta all'architetto Francesco Muttoni, si caratterizza soprattutto per la creazione di viali e cammini tracciati ai diversi livelli della collina e di passaggi coperti e scoperti. L'obiettivo era creare dei belvedere, rivolti a diversi punti dell'orizzonte, e giardini pensili con funzione di terrazze panoramiche.Per massimizzare il dialogo fra edifici e natura si è fatto ricorso anche a reminiscenze di forme orientali nel gioco delle figurazioni floreali e nei pinnacoli al sommo dei pilastri, come nel cancello di ingresso al giardino.
Alla morte del Muttoni nel 1747, i lavori proseguirono sotto la guida dell'architetto veronese Girolamo Dal Pozzo che creò il cosiddetto Prato Verde, un ampio spazio rettangolare aggraziato da nicchie con statue di Orazio Marinali, prospiciente l'ala settecentesca della villa e richiuso dal "recinto della cavallerizza". La Cavallerizza è un prato sopraelevato sul quale era possibile fare un breve giro a cavallo, raggiungibile dal basso attraverso due rampe a chiocciola percorribili dai cavalli e dall'alto attraverso due balconate che partono dal piano nobile della villa.
All'interno del parco, muovendosi dalla villa superiore a scendere verso la villa inferiore, sono disposti vari luoghi decorati da più di cento statue, per lo più a soggetto mitologico,opera della bottega dei fratelli Orazio e Angelo Marinali. S'inizia col viale dei limoni, che dall'edificio padronale conduce al parterre ottagonale coi suoi giardini all'italiana, disegnati da Muttoni. Il viale delle ortensie sfiora l'oliveto e arriva alla villa inferiore; la risalita alla villa superiore porta alla cosiddetta Camera verde e al belvedere coi suoi roseti.
Alla morte del Muttoni nel 1747, i lavori proseguirono sotto la guida dell'architetto veronese Girolamo Dal Pozzo che creò il cosiddetto Prato Verde, un ampio spazio rettangolare aggraziato da nicchie con statue di Orazio Marinali, prospiciente l'ala settecentesca della villa e richiuso dal "recinto della cavallerizza". La Cavallerizza è un prato sopraelevato sul quale era possibile fare un breve giro a cavallo, raggiungibile dal basso attraverso due rampe a chiocciola percorribili dai cavalli e dall'alto attraverso due balconate che partono dal piano nobile della villa.
All'interno del parco, muovendosi dalla villa superiore a scendere verso la villa inferiore, sono disposti vari luoghi decorati da più di cento statue, per lo più a soggetto mitologico,opera della bottega dei fratelli Orazio e Angelo Marinali. S'inizia col viale dei limoni, che dall'edificio padronale conduce al parterre ottagonale coi suoi giardini all'italiana, disegnati da Muttoni. Il viale delle ortensie sfiora l'oliveto e arriva alla villa inferiore; la risalita alla villa superiore porta alla cosiddetta Camera verde e al belvedere coi suoi roseti.
(informazioni tratte da Wikipedia)
Ecco alcune immagini tratte dal sito ufficiale della Villa o da servizi giornalistici specifici che testimonieranno la bellezza di questo luogo molto meglio di quanto abbia saputo fare io stessa.
La villa inferiore o villa bruciata |
Ingresso alla villa superiore |
Dettaglio della peschiera |
Avrei voluto esplorare ogni angolo del giardino ma la temperatura e l'umidità stavano via via aumentando (che seccatura essere anziani...) e anche il tempo a disposizione si stava esaurendo, così ho optato per la visita alla villa.
Pare che fin dai lavori di abbellimento e ristrutturazione del XVIII secolo i proprietari di Villa Trissino abbiano attribuito un ruolo importante all'arte del "bien vivre", come testimoniano i versi incisi su una lapide collocata all'inizio del viale dei limoni, scritti dal un certo Domenico Lazzarini, con il quale condivido solo l'omonimia.
Visitando le sale della villa e anche ascoltando gli aneddoti intorno alla vita e agli interessi dell'ultimo proprietario Giannino Mazzotto e della sua famiglia, si avverte al di là dell'evidente disponibilità economica, proprio quello stile del gusto della vita.
Quella che vedete su questo enorme leggio all'interno della biblioteca è una rara e antica edizione della Divina Commedia regalata a Giannino dal padre.
Le targhe raccolte sul tavolo della stessa stanza sono i numerosi premi ottenuti da Giannino dalla partecipazione a importanti gare automobilistiche, come la mitica Mille Miglia, alla guida di una Ferrari fatta apposta per lui.
In altre stanze della villa sono custoditi tesori ancora più preziosi .
Sulle pareti di una stanza appositamente progettata dall'architetto Buzzi viene conservato un ciclo di arazzi intitolato "Les enfants jardiniers", commissionati a tessitori fiamminghi, come racconta la guida che ci accompagna nella visita, dai Gonzaga verso la metà del Cinquecento e realizzati in otto anni con fili di seta, lana, oro e argento, su cartoni di Giulio Romano con la probabile partecipazione, almeno in uno di essi, di Raffaello.
Gli arazzi,che rappresentano scene a tema bucolico con dovizia di colori e di dettagli, venivano usati dai Gonzaga come arredi da viaggio, un po' per il timore che potessero essere rubati, se incustoditi, e bruciati per ricavare i metalli preziosi delle loro trame, un po' perchè, srotolandoli a terra nelle loro soste, trovavano in questi favolosi tappeti improvvisati il calore delle mura domestiche.
Col tempo il gruppo dei sei arazzi venne smembrato, ma il conte Gaetano Marzotto, dopo aver acquistato a un'asta i primi due e saputo dell'esistenza degli altri quattro, non si diede pace finchè non riuscì a ricomporre quella che oggi viene considerata la collezione di arazzi più preziosa al mondo, donata al figlio Giannino nel 1956.
Al piano superiore, nella penombra di una stanza che si affaccia sulla Cavallerizza , Giannino ha trovato spazio per un'altra "passione", i Macchiaioli, con una collezione delle loro tele tra cui spiccano una paio di Fattori.
Mentre la cena veniva servita in questa sala finemente affrescata, improvvisa è arrivata la pioggia, discreta ed elegante, in perfetta sintonia con l'ambiente.
Devo ammettere che i miei amici avevano proprio ragione. Come avrei potuto pentirmi di aver visitato un posto come questo?
mianna
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