nella bellezza

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mercoledì 20 luglio 2016

Rinasce il giardino di Emily Dickinson

http://fioriefoglie.tgcom24.it/2016/05/18/rinasce-il-giardino-di-emily-dickinson-tra-poesia-e-fiori/#more-21460






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"Morì da reclusa e quasi sconosciuta ma oggi, 130 anni dopo, Emily Dickinson è la poetessa più amata d’America. Ma se in molti ricordano i suoi versi, pochi invece sanno che la Dickinson univa alla sua poesia una forte passione per fiori e piante, che coltivava con grande amore nel giardino e nella serra di Homstead, la sua casa ad Amherst, cittadina del New England. “La casa e il giardino erano il suo laboratorio poetico”, ha detto la direttrice del museo Jane Wald. E ora che la casa della Dickinson è diventato un museo, quel giardino sta tornando in vita ripartendo dal frutteto, dove sono stati ripiantati meli – malus ‘Baldwin’, ‘Westfield Seek-No-Further’ – e peri – pyrus ‘Winter Nelis’ – delle varietà che lei amava. L’idea è ripopolare quel giardino con i fiori che la poetessa coltivava in vita: per farlo, è in atto un  scavo “archeo-botanico” nel terreno circostante la casa per recuperare semi “d’epoca” in grado di germinare di nuovo: i fiori di Emily.
Emily Dickinson coltivava rose, gigli, garofanini, narcisi, fritillarie, malvoni, anemoni, piselli odorosi, dalie, Aster, digitali, salvie e melograni con cui, a testimonianza della sua grande passione per la botanica, aveva composto un erbario, conservato ora nella Biblioteca di Harvard, in cui aveva raccolto oltre 400 varietà di piante e fiori. Non solo.
E’ vivo nelle opere della poetessa quel giardino: nelle 1.789 poesie rimaste – tutte tranne sei inedite al momento della morte – Emily fa riferimento all’elemento vegetale quasi 600 volte e nomina oltre 60 varietà. Le citazioni di fiori sono 350, soprattutto rose ma anche specie più umili come le margherite e il trifoglio: entrambi simboli di lei stessa nelle lettere e in versi. E l’affinità che Emily Dickinson provava verso fiori e piante sta nelle parole che al mondo vegetale la poetessa dedicò: “La carriera dei fiori differisce dalle nostre nel solo fatto che non si fanno sentire” e ai suoi versi più floreali, quelli di Bloom — is Result — to meet a Flower:

“Bloom — is Result — to meet a Flower
  And casually glance
Would scarcely cause one to suspect
 The minor Circumstance


Assisting in the Bright Affair
 So intricately done
 Then offered as a Butterfly
 To the Meridian


To pack the Bud — oppose the Worm 
 Obtain its right of Dew
Adjust the Heat — elude the Wind
 Escape the prowling Bee


Great Nature not to disappoint  
Awaiting Her that Day 
 To be a Flower, is profound
Responsibility ”


All'articolo sopra riportato, diffuso qualche giorno fa, aggiungo la traduzione dei versi citati, a beneficio di tutti gli estimatori di Emily Dickinson, e sono parecchi, presenti nel nostro paese. 


Fiorire - è il fine- chi passa un fiore
con uno sguardo distratto 
stenterà a sospettare
le minime circostanze -


coinvolte in quel luminoso fenomeno
costruito in modo così intricato
poi offerto come una farfalla
al mezzogiorno -


Colmare il bocciolo- combattere il verme -
ottenere quanta rugiada gli spetta - 
regolare il calore - eludere il vento -
sfuggire all'ape ladruncola -


non deludere la natura grande 
che l'attende proprio quel giorno -
essere un fiore, è profonda
responsabilità -

A me fa molto piacere sapere di questo rinnovato interesse per un giardino così amato, così come mi piace l'idea della ricerca di semi e fiori perduti nel tempo.
Sono certa che la notizia piacerà anche ad Adele Cavalli che ha dedicato a Emily Dickinson una sezione del suo libro "Scrittrici in giardino" di cui ho scritto in alcuni post lo scorso anno.




Michael Medeiros/Emily Dickinson Museum; Amherst College Archives and Special Collections


 












































In questa cornice di rinnovato interesse per questa poetessa americana si colloca anche il film "A quiet passion", presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino nello scorso febbraio.





Il film di produzione inglese, che racconta la biografia della Dickinson dai primi anni di scuola al volontario isolamento dell'età matura, è stato girato in Belgio e nei Paesi Bassi per gli esterni e nella sua casa di Amhearst nel New England.


Al momento non so quando verrà distribuito in Italia, ma quando lo sarà non mi lascerò sfuggire l'occasione di andarlo a vedere.

mercoledì 13 luglio 2016

La Villa Reale di Marlia










Circondata da un ampio parco, la Villa Reale di Marlia è la più celebre delle ville storiche lucchesi.
Già fortilizio abitato dal Duca di Tuscia in epoca longobarda, nel Rinascimento divenne la residenza di ricchi banchieri e mercanti di seta. All'edificio principale si aggiunse la "Palazzina dell'Orologio" destinata ai servizi e caratterizzata nella  facciata principale da un portico e loggia sovrapposti, con al centro una sopraelevazione in cui è collocato l'orologio da cui prende il nome.




Nel 1806 la villa e il parco divennero proprietà di Elisa Bonaparte Baciocchi, incoronata dal fratello Napoleone principessa di Lucca e Piombino e granduchessa di Toscana.
La regina d'Etruria, che diede alla villa il nome "Reale" per via della sua presenza, acquistò anche l'attigua Villa del Vescovo, dando corso ai lavori di ristrutturazione e fusione delle due proprietà.







Tra il 1811 e il 1814 il parco venne ricostruito secondo lo stile inglese , con la piantumazione di numerosissime nuove essenze provenienti dal parco reale di Napoli. I boschetti vennero popolati da daini, capre e pecore merinos.
Importanti ospiti vennero invitati a rallegrare la vita di corte nella villa.
Dopo la caduta di Napoleone, la villa divenne proprietà dei duchi di Parma e poi degli Asburgo Lorena e successivamente, con l'unità d'Italia , dei Savoia. Nei primi decenni del '900 la tenuta attraversò un periodo di progressivo abbandono fino a quando fu acquistata nel 1924 dalla famiglia dei conti Pecci Blunt che ne curò la manutenzione e il restauro.

La villa si affaccia su un ampio parco ricco di vasche,giochi d'acqua, statue, siepi disposte con precise simmetrie geometriche.
Le parti secentesche si riconoscono per la presenza di sempreverdi e includono il teatro di verzura realizzato nel 1652, il giardino dei limoni e , sul retro della villa, un teatro d'acqua che si estende intorno alla grande vasca semicircolare ornata da rocce, getti d'acqua, cascate, statue di divinità, vasi di fiori.




























































Nel 2015 la proprietà è stata ceduta dalla famiglia Pecci-Blunt ad una coppia di svizzeri che , per il tramite dell'agenzia immobiliare che ha curato la trattativa, ha fatto sapere che intende trasformare la villa in uno dei primi hotel extra lusso in Italia.
 
 

domenica 3 luglio 2016

Il roseto di Sangerhousen

Perchè la rosa è chiamata la regina dei fiori ? Forse perchè è la più bella ? o forse perchè ha accompagnato l'uomo lungo tutto il cammino della sua storia, fin dal tempo dei Sumeri, dentro la reggia di Minosse a Creta, nei "cespugli del Sole" presso gli Incas, sul capo degli dei e degli eroi presso i Greci e i Romani, sugli scudi di acerrimi nemici come gli York e i Lancaster, nel giardino di Giuseppina alla Malmaison ? o forse per il suo fascino orientale ?
Perchè è da lì che proviene, in particolare dalla Persia, dove veniva coltivata in splendidi giardini con grandi fontane, dove anche i re erano esperti giardinieri e le donne si adornavano con corone di petali di rosa.

Le varietà della rosa sono così tante da poter riempire un intero giardino disposto a rinunciare al proprio nome per chiamarsi roseto.
Nell'800 gli ibridatori crearono nuove specie di rara bellezza e fecero della Francia in particolare uno dei paesi  con le rose più belle.

Vi ho portato qualche giorno fa a visitare il roseto di Hay-Les-Roses nella Valle della Marna e oggi vi porto in Germania a visitare il roseto di Sangerhousen, che contiene la collezione di rose dell'800 più grande del mondo.





Il nome di Sangerhousen,  cittadina tedesca che si trova a circa 200 Km a sud-ovest di Berlino, è associato al ritrovamento di questo disco di bronzo, detto anche "disco di Nebra". Si tratta di una lastra di metallo con applicazioni in oro risalente all'età del bronzo che raffigura fenomeni astronomici ed è considerato la più antica rappresentazione del cielo ed uno dei ritrovamenti più importanti del XX secolo. Fu rinvenuto nel 1999 da alcuni saccheggiatori di tombe in una cavità in pietra proprio in questa zona.

Ma torniamo al nostro roseto centenario, voluto da un'associazione tedesca di amanti delle rose alla fine dell'800 e aperto al pubblico nel 1903.
Rimasto isolato per diversi anni a causa delle guerre e della divisione della Germania in due blocchi, è oggi meta di migliaia di innamorati della regina dei fiori che qui trovano la collezione di rose più ampia d'Europa.